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Quello che l’uomo sa fare meglio di qualsiasi macchina

15 Agosto 2018

Qualche anno fa mi è stato chiesto di tenere il discorso di apertura al Business of Luxury Summit del Financial Times, nel Principato di Monaco. Ho riflettuto a lungo sul messaggio che ritenevo necessario comunicare, e il pubblico è rimasto di certo stupito nello scoprire che il soggetto del mio discorso non fosse l’e-commerce. Il tema «commercio online contro commercio tradizionale» non era all’ordine del giorno, perché oscurato da un argomento di gran lunga più importante e di portata più ampia: l’avvento dell’intelligenza artificiale (IA) nella seconda era delle macchine e il suo impatto sul futuro del nostro mondo.

C’è chi assicura che l’intelligenza artificiale non rappresenti una minaccia per la società. Ma se la tecnologia è in grado di sostituirci in tutto, dal farci il conto al supermercato al portarci in giro in auto, dall’analizzare le lastre a diagnosticare le malattie, mi sembra quantomeno irresponsabile non considerare un punto di vista alternativo. Anche se alla fine avranno ragione gli ottimisti – e questo ce lo auguriamo di certo tutti – è ragionevole tentare almeno di valutare quale minaccia può rappresentare l’IA, specialmente in relazione alla disoccupazione, e dunque chiederci: cosa sa fare l’uomo meglio di qualsiasi macchina?

Nel corso dei secoli, i maestri artigiani di tutta Europa hanno dovuto lavorare sodo per realizzare le loro straordinarie opere: edifici ornati da impareggiabili decorazioni in pietra; legno scolpito nelle forme più eleganti; vestiti e oggetti in pelle che continuiamo a usare per anni, tanto da considerarli come vecchi amici; porcellane, vetri e ceramiche che custodiscono la tradizione e riflettono il loro territorio di origine. La risposta alla domanda su ciò che l’uomo sa fare meglio di qualsiasi macchina la troviamo proprio nel panorama poliedrico e ricco di talenti dei maestri artigiani che rappresentano il patrimonio del nostro continente, e di cui Homo Faber ci presenta solo una piccola selezione. Parlo degli uomini e delle donne che hanno dato il loro contributo a questo evento unico e che rappresentano un’alternativa, rinfrescante e di grande ispirazione, ai robot e a un mondo senza lavoro. Questi artigiani sono anche un faro per le nuove generazioni, qui presenti nel ruolo degli «Young Ambassadors», i Giovani Ambasciatori di Homo Faber.

Ritengo opportuno che questo punto di vista alternativo, così ricolmo di grazia e intelligenza, venga presentato a Venezia, punto d’incontro di culture e baluardo della bellezza.

Johann Rupert